I premi non migliorano i libri
Strati: «I premi non migliorano i libri»
* Come ricorda il Campiello 1977 che la consacrò vincitore con Il selvaggio di Santa Venere (Mondadori)?
Saverio Strati, Campiello 1977.«Lo ricordo con grande piacere, anche perché fu per me una sorpresa: io non credevo affatto di uscirne vincitore. E poi si trattò di una conferma, data da lettori di valore, a un libro per me importante, al quale tenevo moltissimo».
* Secondo lei, il ruolo dei premi è molto cambiato nei vent’anni e oltre che ci dividono da quel SuperCampiello?
«Sì, certo: un tempo c’era più qualità, sia nelle giurie, sia nei libri. Adesso non seguo più i premi, perché li trovo privi di interesse. Io ho vinto diversi premi, ma non è che abbiano aggiunto o tolto qualcosa alla bellezza e alla poesia che c’erano o non c’erano nei miei libri. D’altronde ci sono stati grandi scrittori come Giovanni Verga che non hanno mai avuto riconoscimenti di questo tipo».
* Guardando da una prospettiva puramente esteriore, sembra che all’assegnazione del Campiello sia seguita una fase di rarefazione del suo lavoro e della sua presenza. Il premio ebbe dunque un risvolto negativo?
«No, assolutamente. Quello che è accaduto dopo corrispondeva ai tempi e alle esigenze profonde del mio lavoro di scrittore».
Daniele Piccini